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Mitomanie
Di che cosa è fatto un mito? Una delle possibili risposte è: di noi stessi. Di proiezioni, immaginazione, ammirazione o paura, persino di tecnica o di tecnologia.
I miti contemporanei, come quelli di tutti i tempi e tutte le civiltà, rappresentano una polarizzazione del bene o del male attorno a qualcosa: una persona o un oggetto, un sogno bello o brutto, un archetipo o un suo feticcio.
Quest’anno volevamo sorridere per qualcuno dei miti che ci accompagnano, scelto in modo perfettamente arbitrario, e illustrato in modo da farci pensare un pochino.
Innanzitutto, a cosa c’è al di là del mito.
Il vaticino del latticino. Ovvero il mito a breve conservazione.
Sono trascorsi oltre sessant’anni dalla pubblicazione del famoso testo di Roland Barthes Miti d’oggi (1957) e in quell’epoca, parlando a una società ancora legata a una visione classica del sapere, era sconvolgente pensare che si potesse considerare “mitico” qualcosa frutto della “triviale” comunicazione massificata. Da quel momento l’aggettivo mitico – ristretto fino ad allora al campo delle antiche leggende mitologiche o, al più, a quella di eroi in carne e ossa ma autori di rilevanti gesta – ha cominciato ad assumere un’estensione ben più ampia.
I miti sono divenuti dei mitoidi, come afferma Marino Niola nel suo testo del 2012 omonimo a quello citato di Barthes. Egli parla di quei fenomeni universalmente noti ma che sopravvivono solo per un tempo limitato e che sempre più spesso coincidono con le tecnologie della virtualità, come i vari Social. Questi frammenti mitici “a tempo determinato” si affiancano a dispositivi più maturi quali il cinema, la televisione o la moda.
Ma mitici sono pure i calciatori, salvo che le loro carriere, per quanto dilatate il più possibile – come ci ricordano i vari Totti, Pirlo e Buffon – conoscono comunque il declino repentino simboleggiato da patetiche scarpette appese a un chiodo. Insomma i miti odierni conoscono lo stesso destino liquido della società che li produce, quello d’icone con durata stabilita, come le scadenze sulle confezioni dei latticini. Insomma si tratta di miti, ma a breve conservazione!
di Giovanni Curtis